sabato 4 settembre 2010

Nascita di una famiglia

Questo post e il mini-bugiardino in esso contenuto mi girano in testa da qualche giorno. Il tutto perché un paio di giorni fa io e IlGrandeG abbiamo lavorato proprio fianco a fianco. Mi spiego: io e IlGrandeG, oltre a condividere una promessa di fedeltà, una casa e un nanerottolo, lavoriamo pure insieme. Solo che di solito lui se ne sta al suo banchetto a seguire gli ordini di un cliente e io su un altro banchetto a seguire gli ordini di un altro. Ci dividono una radio -che sta sullo scaffale alla sue destra- e soprattutto la cassa che si è piazzato giusto di fianco all'orecchio sinistro. Il risultato è che se devo dirgli qualcosa è necessario che la mia voce raggiunga i diecimila decibel -non che faccia fatica, però anche così devo ripetergli metà delle cose.
L'altro giorno, invece, aveva una modifica urgente da fare a un ordine che ci avevano rimandato indietro e mi ha chiesto di aiutarlo. Sono state due ore belle, davvero: abbiamo chiacchierato e soprattutto abbiamo riso come dei pazzi. E mentre ridevo mi ha colpito la consapevolezza del fatto che qualunque estraneo ci avesse ascoltato non avrebbe trovato così divertente quello che ci dicevamo: e questo per me è stata la prova del fatto che siamo una famiglia a tutti gli effetti.
Perché è vero che -come dice bene questa scena di una delle mie serie preferite- ogni famiglia ha un suono universale, però ha soprattutto un lessico tutto suo, come ha raccontato benissimo il romanzo che vi consiglio qui sotto.

NOME DEL FARMACO: Lessico famigliare
TITOLARE DELL'AUTORIZZAZIONE: Natalia Ginzburg
PRODUTTORE: Einaudi, Torino
FORMA FARMACEUTICA: 265 pagg.
COMPOSIZIONE: vi basti la citazione qui sotto, le frasi che per me, irrimediabilmente figlia e nipote unica, rappresentano la quintessenza dell'essere fratelli e che mi provocano irrimediabile invidia verso chi i fratelli li ha, e molto rimpianto.


Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso. Quando ci incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti o distratti, ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte nella nostra infanzia. Ci basta dire: "Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna" o "De cosa spussa l'acido solfidrico", per ritrovare ad un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole. Una di quelle frasi o parole ci farebbe riconoscere l'uno con l'altro, noi fratelli, nel buio di una grotta, fra milioni di persone. Quelle frasi sono il nostro latino, […] testimonianza di un nucleo vitale che ha cessato di esistere, ma che sopravvive nei suoi testi, salvati dalla furia delle acque, dalla corrosione del tempo. Quelle frasi sono il fondamento della nostra unità familiare, che sussisterà finché saremo al mondo, ricreandosi e resuscitando nei punti piú diversi della terra, quando uno di noi dirà — egregio signor Lippman — e subito risuonerà al nostro orecchio la voce impaziente di mio padre: "Finitela con questa storia! L’ho sentita già tante di quelle volte!"




INDICAZIONI TERAPEUTICHE: dovete regalare un libro in occasione di un matrimonio? Se volete evitare che gli sposi si ritrovino con 82 copie del Cantico dei Cantici, questo è il regalo ideale.
CONTROINDICAZIONI: i figli unici e chi non ha famiglia lo legga con moltissima cautela: può causare invidia, rimpianto, tristezza.

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Perché mica si può sempre andare a Londra a sfogarsi allo Speakers' Corner.