sabato 25 febbraio 2012

Cosa capita alle signore So-Tutto-Io

Avevo un conto in sospeso con Elizabeth von Arnim.  Perché qualche tempo fa, leggiucchiando qua e là sul sito della giornalista Lisa Corva, vedevo che i libri della von Arnim erano caldamente consigliati. Poi, come non farsi affascinare da un libro dal titolo Lettere di una donna indipendente? Ho cominciato proprio da lì. Scambio epistolare affascinante ma, una volta arrivata a metà, il libro a metà è restato. Ho spulciato tra le ultime lettere, per avere almeno la prova che la protagonista avrebbe mantenuto il suo carattere fuori dagli schemi; e, ovviamente, per vedere confermato che il fidanzato pesce lesso era e tale rimaneva.
Qualche mese più tardi, ho riprovato con La storia di Christine. Scambio epistolare anche qui, ma tra una madre e una figlia. Qui a metà non ci sono nemmeno arrivata.

A me, però, non tornavano i conti. Leggete un po' che tipo era questa signora von Arnim: nasce da una famiglia della borghesia coloniale di Sidney, è cugina di Katherine Mansfield. Viaggia in Italia, conosce il conte von Arnim, cioè il figlio adottivo di Cosima Wagner, e se lo sposa. Scoprono presto di sopportarsi poco però, come spesso accade, sfornano cinque figli. Questi cinque figli vengono educati da poveri stupidi come Edward Morgan Forster. Nel 1899 la signora inizia a scrivere e ha subito un grande successo. Dieci anni dopo il marito passa a vita migliore e lei non trova niente di meglio da fare che tornare a sposarsi di nuovo con un altro povero proletario di famiglia sconosciuta: John Francis Stanley Russell. Esatto, il fratello di Bertrand Russel. Indovinate come finisce (esatto, bravi: separazione).

Cioè, vediamo di capire: tu nasci bene, frequenti gli ambienti più intellettualmente stimolanti della tua epoca, fai scrivere ad H.G. Wells nella sua autobiografia che sei la donna più straordinaria della tua epoca e poi non fai altro che scrivere caterve di libri noiosi e tutti uguali?
L'altra settimana, tornata in biblioteca dopo un periodo di astinenza causa multa salatissima pagata per gli ultimi ritardi, gironzolo tra gli scaffali ed ecco lì un'altra sfida della von Arnim nei miei confronti.


Sono felice di comunicarvi (anche se non ve ne può importare di meno) che stavolta ho vinto la mia battaglia. Non solo ho letto il romanzo fino alla fine, ma l'ho anche apprezzato molto.

[Maschietti, vi avviso subito: a me questa pare una autrice per femministe, eh.]


NOME DEL FARMACO: La fattoria dei gelsomini
ALTRI NOMI DEL FARMACO: The Jasmine Farm
TITOLARE DELL'AUTORIZZAZIONE:  Elizabeth von Arnim.
PRODUTTORE PER L'ITALIA:  Bollati Boringhieri, Torino.
COMPOSIZIONE: Daisy Midhurst è la classica lady vittoriana, tanto sollecita nel soccorrere gli afflitti e coloro che stanno per precipitare dalla scala sociale quanto veloce nel disconoscere e rifiutare quelli che poi sono caduti. Ma cosa fai se lo scandalo ti si annida in casa e rischia di mandare a monte un patrimonio, una posizione e un modo di vivere? Ovvio, scappi a rotta di collo in una fattoria sperduta nella campagna provenzale e ti fai rincorrere dai personaggi più esilaranti che popolano il libro.
POSOLOGIA: il romanzo si legge bene e piuttosto agilmente. Attenzione, però: è ampiamente descrittivo e i dialoghi sono ridotti al minimo.
INTERAZIONI MEDICAMENTOSE: consigliata l'interazione con qualunque cosa richiami smaccatamente la vecchia Inghilterra: tazze di tè, plaid sulle ginocchia, sessioni di giardinaggio, passeggiate nei parchi o a cavallo, caccia alla volpe. Gosford Park, per esempio, per richiamare l'atmosfera da fine settimana in campagna.
Altrimenti, buttatevi sul politicamente scorretto e sull'ironia, andate su Amazon e compratevi questo.

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Perché mica si può sempre andare a Londra a sfogarsi allo Speakers' Corner.