venerdì 1 ottobre 2010

Un anno fa, soltanto (più che un post, una dichiarazione d'amore)

Questo post mi gira in testa da un mese ormai. L'ho scritto, ma non sapevo se l'avrei pubblicato: questo non è un mummyblog. E poi mi sembrava troppo personale. In fondo, però, una dichiarazione d'amore. E che senso hanno le dichiarazioni d'amore se non vengono espresse?

Nel pomeriggio di questo stesso giorno, un anno fa, stavo semisdraiata sul divano mentre mia madre mi stirava i vestiti. Io volevo aiutarla, ma lei mi rimandava sul divano. "Riposati, al resto penso io" continuava a dirmi. Probabilmente, senza darlo a vedere, era più emozionata lei di me.
La mattina, in ospedale, mi avevano fatto praticamente un check-up completo. Analisi del sangue, delle urine, cardiogramma, colloqui con ottantadue medici a cui ho ripetuto e confermato per ottantadue volte le stesse cose: non fumo, non bevo, i miei sono ipertesi, mio nonno era diabetico e mia zia per poco non ci è rimasta secca per una aneurisma dell'aorta.
Poi ho sentito la pancia che si muoveva, ma alla grande. L'ho guardata bene: sembrava stesse facendo le bolle. L'ho detto subito, a mia madre: questo si è girato di nuovo. E lei non mi ha creduto.
Non mi ha creduto, però avevo ragione: il giorno dopo, l'ecografia diceva che tu, piccolo meraviglioso criminale, eri di nuovo posizionato di testa.
Sei nato il giorno ancora successivo, comunque grazie al bisturi di un dottore.

Non ricordo quasi nulla di quei giorni in ospedale, se non il fatto che quando mi hanno monitorato e per un attimo il tuo battito è calato, ho fatto per alzarmi dalla sedia e scuotere la macchina, come se questo potesse cambiare le cose.
Ricordo che quando il medico di turno mi ha detto "anticipiamo l'induzione", hanno iniziato a tremarmi le gambe schiacciata dall'inevitabilità di quanto sarebbe venuto dopo.
Ricordo che quando il dottore mi ha detto "E' inutile continuare a farla travagliare, procediamo con il taglio" la prima cosa che ho pensato, coniglio come sono, è stata "Dio grazie, un'anestesia!".
Ricordo che, quando in sala volevano togliermi gli occhiali, mi sono opposta: volevo vedere bene che faccia aveva il mio bambino.
Ricordo che durante l'intervento i medici parlavano a voce bassa, che ho sentito la parola "funicolo" e ho pensato "ommamma, si è strozzato?" e che quando poi ti ho sentito piangere mi sono sentita come Pinochet alla consegna della Presidenza al successore: Misiòn cumplida, adesso posso anche crepare (non potevo immaginare tutte le polemiche sui cesarei di oggi).
Ricordo che quando ti ho visto ho pensato che eri meraviglioso e non mi sembrava possibile che tu fossi figlio mio.

Da quel momento, è iniziato l'anno più incredibile che potessi immaginare: un anno in cui ho sempre avuto davanti a me i miei pochi pregi e i miei innumerevoli difetti, un anno in cui mi sono alzata ogni giorno dicendo "oggi sarò meglio di ieri" e invariabilmente sono andata a letto dicendo "oggi ho fatto schifo", un anno in cui mi sono costantemente sentita al di sotto delle aspettative, un anno in cui ho visto le cose con i tuoi occhietti freschi.
E nonostante una continua, vaga sensazione di inadeguatezza, ho sempre sentito che il mio bilancio si chiudeva in positivo: merito tuo. Comunque vadano le cose, alla fine dei conti il segno non è mai negativo: eccolo, è questo il miracolo di questo primo anno con te.

Auguri  per domenica, G., e -citando Wonder- auguri anche a me, quella parte di me nata un sabato mezzogiorno in una sala operatoria di un reparto di ostetricia.

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Perché mica si può sempre andare a Londra a sfogarsi allo Speakers' Corner.