venerdì 9 agosto 2013

Due donne e l'arte di saper stare al proprio posto

Due nazioni che si fronteggiano (francesi e e inglesi), due momenti storici diversi (gli anni Sessanta del Novecento e il primo decennio del Ventunesimo secolo), due personaggi simili e memorabili: la portinaia René Michel, protagonista del best-seller di Muriel Barbery L'eleganza del riccio e la domestica londinese Ada Harris (o meglio, 'Arris), protagonista de La signora Harris, bella storia leggera opera di Paul Gallico.



Tanto madame Michel quanto la signora Harris appartengono a quello che una volta si definiva il popolino: una lustra per qualche scellino l'ora le lussuose dimore dell'alta borghesia londinese, l'altra sorveglia l'andirivieni in un lussuoso palazzo della Rive Gauche parigina (Barbery situa il palazzo al 7 di rue de Grenelle: una delle zone che ha costruito il mito della Parigi elegante e decontracté).
Tanto madame Michel quanto la signora Harris hanno la rara capacità di riconoscere il bello quando lo vedono. Madame Michel si appassiona al bello che deriva dalle opere dello spirito: letteratura, filosofia, cinema. La signora Harris invece apprezza gli oggetti belli, frutto della maestria di chi li crea o testimoni dell'armonia del mondo.
Tanto madame Michel quanto la signora Harris si fanno un punto d'onore nel tenere nascoste queste loro passioni agli occhi del mondo: non è bene che una portinaia sappia di filosofia e suggerisca all'ultimo virgulto della borghesia industriale francese, che le dichiara che "Marx cambia completamente la mia visione del mondo", di leggersi L'ideologia tedesca; non è un bene, altresì, che una domestica londinese dimostri una passione tanto spropositata verso gli abiti di Christian Dior da fare la fame per tre anni e poi volare a Parigi a scegliersi un vestito su misura: non è un bene perché mina la visione del mondo usuale, nella quale le portinaie comprano solo tagli di carne di infima scelta, leggono solo la lista della spesa, non sanno parlare con proprietà la loro lingua; nella quale le domestiche non fanno altro che giocare al bingo, comprarsi cappelli dozzinali ai saldi di qualche grande magazzino e andare al cinema a vedere film western.
Nel corso delle loro storie, però, la granitica convinzione per cui per far girare bene il mondo ognuno di noi deve stare al proprio posto verrà distrutta. E mentre madame Michel scopre tra gli inquilini del palazzo una sorta di figlia e una sorta di anima gemella, la signora Harris scoprirà che un vestito di Dior non è solo un vestito: è il simbolo di un percorso, di una storia, di una vita.
La loro vita, la nostra vita: perché se non la si vive fino in fondo, che vita è?

I LIBRI IN QUESTIONE:

Muriel Barbery, L'eleganza del riccio, Milano, ed. E/O, 2007, 335 pagg. Traduzione a cura di Emmanuelle Caillat e Cinzia Poli.

Paul Gallico, La signora Harris, Milano, Frassinelli, 2011, 185 pagg. Traduzione a cura di N. Boraschi.

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Perché mica si può sempre andare a Londra a sfogarsi allo Speakers' Corner.