mercoledì 20 maggio 2015

Visioni letterarie, ovvero: allucinazioni da troppa lettura

E' successo che sabato mattina sono finita dal verduraio per rifornirmi in vista della prima pappa di microG: una tappa normale, un negozio in cui mi fermo anche un paio di volte a settimana.
Sabato, però, ho vissuto un'esperienza paranormale: mi faccio strada nella calca con il passeggino, incrocio un'amica di mia mamma (Oh, ma hai avuto un altro figlio! Oh, ma l'hai chiamato come il mio! Oh, ma sai che sono diventata nonna anch'io, di una bambina? Insomma, una bella dose di chiacchiericcio di paese), mi prodigo in miliardi di "miscusimiscusimiscusipermessomispiace" mentre passo allegramente con il passeggino sui piedi degli altri clienti, e poi mi fermo, istupidita da una visione: mi trovo davanti una signora di una certa età, bassina, decisamente ben piantata, espressione tutt'altro che amichevole, sguardo pieno di disapprovazione, abiti di foggia antica ma, soprattutto, una cofana di capelli raccolti e laccati che formavano una curva cotonata sulla parte superiore del cranio.

Insomma, io compro la verdura insieme alla signora Appleyard, la preside di Picnic a Hanging Rock (qui un fotogramma dal film di Peter Weir, che la mostra in tutto il suo fascino).




Se non avete mai letto Picnic a Hanging Rock  ve lo consiglio caldamente: è un romanzo breve, si legge molto velocemente. Per la precisione, con "molto velocemente" intendo che, la prima volta, mi è stato prestato dal Lois in terza liceo il lunedì mezzogiorno: io gliel'ho riportato martedì mattina alle otto, dopo averlo letto due volte e aver preparato l'interrogazione di autori latini. E' un romanzo arioso e claustrofobico al tempo stesso, spesso cupo e altre volte più positivo. Su tutti, il personaggio della signora Appleyard, la direttrice/proprietaria del collegio da cui, nel corso di una gita, scompaiono alcune studentesse, è il più cupo e spaventoso: non solo è una donna sola, rigida e spietata, ma è pure discretamente sfortunata. A fare da contraltare, l'insegnante di francese e danza Dianne de Poitiers: una ragazza distinta esperta in buone maniere e crinoline ma che, in caso di necessità, non si fa scrupoli a minacciare di prendere a clavate una collega. Una ragazza che, alla fine, si decide ad abbandonare la nave che cola a picco per prendere in mano la propria vita.


Mentre scrivevo, però, ho confuso il nome della signora Appleyard con quello della signora Applewhite di Desperate Housewives, quindi sono andata a rinfrescarmi la memoria sul romanzo (che, tra l'altro, è uno dei miei preferiti, insieme al film di Peter Weir, di cui vedete la locandina più sopra). E cos'ho scoperto? Ho scoperto che, all'inizio, il romanzo aveva un finale diverso, un finale in cui il mistero della scomparsa delle collegiali e dell'insegnante veniva spiegato. Una spiegazione assolutamente fantascientifica ed esoterica, d'accordo, ma in linea con l'idea di misticismo degli aborigeni australiani, per i quali i monoliti come la Hanging Rock sono più di un semplice, enorme sasso.
Questa spiegazione è stata pubblicata tre anni dopo la morte dell'autrice Joan Lindsay in un libretto piccolo ed agile che, disgraziatamente, non ha una versione italiana. Medito di procurarmi l'edizione inglese, da aggiungere alla mia personale wunderkammer libresca, e prometto di far avere altre notizie se mi riesce il colpaccio.


AGGIORNAMENTO (inserito tipo tre secondi dopo aver terminato il post): scopro con moltissimo disappunto che il colpaccio non mi riuscità mai, essendo il libro con il diciottesimo capitolo ampiamente fuori commercio anche in Australia, terra natìa dell'autrice. Fortunatamente, però, arriva in mio soccorso il signor Roberto Mengoni, residente in terra australiana, che ha recuperato in una biblioteca di Canberra il prezioso tomo e l'ha tradotto. Se, dopo aver letto il libro, volete leggere il XVIII capitolo come Joan Lindsay l'aveva pensato, eccolo qui.

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Perché mica si può sempre andare a Londra a sfogarsi allo Speakers' Corner.